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PROPOSTE FORMATIVE CEM

I nostri percorsi formativi si articolano in tre aree tematiche:

  1. culture e identità

  2. cittadinanze, etica pubblica e migrazioni

  3. laicità e dialogo interreligioso

Queste nozioni sono, secondo noi, da ripensare nel contesto di un’ educazione nomade volta a costruire una cittadinanza universale, policentrica e transculturale. È in questa direzione che sviluppiamo le nostre proposte di confronto e formazione.

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CULTURE E IDENTITÀ

Cultura: da una concezione pesante e statica a una concezione leggera e dinamica, de-localizzando e de-etnicizzando la cultura. Passare da una visione della cultura come “boccia” (che porta allo scontro) a quella della cultura come “spugna” (che porta allo scambio). Come scrive Mantovani, dobbiamo immaginare le culture “come sistemi porosi, spazi di scambio, sistemi di risorse disponibili agli attori sociali per la loro relazione con l’ambiente”. Una variante al tema culturale è rappresentata dal cosiddetto scontro di civiltà. Il rischio è di etnicizzare e culturalizzare conflitti di natura economica, di far passare per conflitti culturali, asimmetrie di tipo economico-sociale. È una mistificazione funzionale alla politicizzazione del conflitto (culturale).
“…La teoria dello scontro di civiltà presenta due problemi distinti. Il primo, forse il problema di fondo, riguarda la praticabilità e la rilevanza di un metodo di classificazione delle persone basato sulla civiltà a cui presumibilmente esse “appartengono”1.
L’altro viene dopo, e riguarda l’idea che gli individui, suddivisi in tanti compartimenti ognuno corrispondente a una civiltà, debbano in qualche modo essere antagonisti, che le civiltà a cui appartengono siano cioè reciprocamente ostili. Alla base della tesi di uno scontro di civiltà c’è un’idea molto più generale sulla possibilità di considerare le persone in primo luogo come membri di questa o quell’altra civiltà. I rapporti tra diversi individui, nel mondo, possono essere considerati, secondo questo approccio riduzionistico, come rapporti tra le rispettive civiltà di (presunta) appartenenza.
Identità: passare dalle identità di appartenenza e di radicamento alle identità di migrazione e di attraversamento. Dalle identità reattive e rocciose (muro contro muro) passare alle identità assertive e flessibili (come ponti levatoi). L’identità è sempre una realtà dinamica, plurale e complessa come una stanza a tre pareti.
La scuola dovrebbe essere attenta soprattutto ai processi di identizzazione.

LAICITÀ E DIALOGO INTERRELIGIOSO

Per un nuovo statuto di laicità bisogna prendere le distanze da una concezione illuministica e cavouriana.
La laicità non esprime una concezione “contro”, ma “per”, è una condizione di libertà per tutti. Quando si parla di laicità il punto di partenza non è lo Stato o la Chiesa ma i cittadini, che possono essere credenti, non credenti e diversamente credenti. In una società post-secolare e democratica anche la fede ha diritto di entrare nello spazio pubblico diventando visibile e uscendo da una dimensione privata e nascosta.
Ma laicità vuol dire anche ascolto delle ragioni altrui, dialogo incessante tra posizioni differenti e rinuncia alla pretesa di verità e di esclusività. La laicità è il presupposto di ogni sano pluralismo. Per esempio, in riferimento all’insegnamento a scuola della religione cattolica, sembra che si possa dire che non si tratta di rendere lo studente un fedele (preoccupazione confessionale extrascolastica), ma un cittadino migliore e consapevole. Laicità vuol dire imparare ad apprezzare le posizioni degli altri (grazie alle quali comprendiamo meglio le nostre) e a trovare gli elementi comuni. La verità (per esempio quella religiosa) può trovare spazio nella democrazia, perché la democrazia non è nichilista, ma solo a patto che si sia disposti, nel momento in cui si propongono e si difendono le proprie verità, a portare a loro sostegno ragioni appropriatamente pubbliche (costringendoci a cercare nelle nostre verità le ragioni comuni alle altre).
La laicità è come se sposasse il motto: l’altro viene prima, in tutti i sensi. Coerentemente con quanto affermato sopra, la democrazia non insegna verità, non è il luogo delle res certae.
È, invece, il luogo delle res dubiae, delle questioni che possono essere legittimamente decise in un modo o in un altro.
La democrazia deve quindi sviluppare competenze per sostenere il confronto delle opinioni, nella consapevolezza della irriducibile differenza del mondo.
L’errore non è il male da estirpare ma la via alla conoscenza. Questo esige tolleranza, confronto, apertura, dubbio.
Ciò non significa approvare il nichilismo etico: al contrario, significa crescere nel confronto reciproco verso ciò che ci è utile a vivere nella pace e nella fratellanza.
Ciò esige che tutte le posizioni, entrando in un discorso pubblico, non si pongano come verità assolute (e non pretendano uno statuto speciale in tal senso) ma si propongano intenzionalmente come punti di vista storicamente determinati e contestualizzati che contribuiscono – reciprocamente – alla costruzione di una fragile, parziale, incompleta, umana, ma tendenzialmente condivisa, “verità”.

MIGRAZIONI, CITTADINANZA, ETICA PUBBLICA

Negli ultimi diecimila anni, il pianeta si è ristretto di mille volte, siamo mille volte più numerosi, mille volte più poveri di spazio, mille volte più veloci nel percorrerlo e cento volte più ingordi di energia. Ora il mondo non è più abbastanza vasto per scoprire nuove terre, non c’è più un altrove dove andare: il pianeta Terra è per tutti il solo villaggio in cui vivere. Un villaggio affollato e teso, profondamente diseguale e ingiusto, sullorlo della catastrofe ambientale. Un villaggio che dovrà accogliere, con molta probabilità, altri tre-quattro miliardi di essere umani nel prossimo mezzo secolo (da nutrire, vestire, alloggiare, istruire, far lavorare…). Il XXI è il secolo dei limiti: sarà intorno a questi, e non nel loro sistematico abbattimento, che dovremo imparare a costruire la nostra futura esistenza. Eppure, è proprio lo spettro della catastrofe possibile a generare le condizioni per un abbraccio fraterno: mai come oggi possiamo essere capaci di empatia e solidarietà. Servono consapevolezze profonde e scelte coraggiose, allaltezza del tempo:
1) oltrepassare i confini (innanzitutto mentali) del container etnico e delle sue false promesse di securizzazione (esclusiva ed escludente) alimentate dalla paura, senza rinunciare a quella intimità “etnica” di cui parlava Langer (ma estesa a tutto il villaggio globale, secondo una logica di cittadinanza inclusiva e planetaria, che deve reggersi sul principio della fratellanza universale);
2) oltrepassare il canto delle Sirene del mercato, di un godimento che acceca il desiderio, perché senza limite.
È stato proprio questo desiderio di potenza e di godimento a violentare” la Terra, per estrarne sistematicamente valore”. Senza famiglia, né leggi, né focolare domestico: queste sono la condizione e il destino di molti migranti. Che cosa risponderemo? Questa sia la vostra terra, la vostra famiglia e il vostro focolare domestico. Perché queste cose non sono nostre, ma di tutti gli umani, non sono oggetto di proprietà, ma di cura e condivisione. Quindi non sono dette e stabilite una volta per tutte da una tradizione, ma costruite nel dialogo, in una sorta di danza che crea” di e tra corpi, racconti, sguardi, desideri… Una specie africana giovane, inventiva ed espansiva, a partire dalla sua unità ha saputo generare la diversità. Ora, sullorlo dellabisso e del caos, proprio dalla storia della diversità si può imparare a (ri)costruire la sua unità.
Migrazioni: l’uomo è un animale nomade, un cantiere aperto, mai compiuto, che ha nel migrare la sua principale molla di apprendimento. Da più di centomila anni, le migrazioni umane sono state costanti e costitutive del progetto” antropologico: è muovendoci che abbiamo imparato, scoperto, cercato di migliorare la nostra condizione. È muovendoci che abbiamo differenziato i volti, le lingue e le culture, reso più ricca e diversificata lesperienza umana. Le migliaia di lingue e di culture dellumanità sono altrettanti tentativi riusciti di abitare lambiente terrestre e propagare la specie. Forse è giunto il momento che queste differenze comincino un altro viaggio, non nello spazio, in un fuori, ma dentro e tra esse, perché ciascuna è un prezioso contributo da portare allevoluzione, mai completata, dellumanità.
Cittadinanza: è un principio di fondamentale importanza perché rappresenta una patente di accesso ai diritti; uno spartiacque tra chi è in e chi è out. Ma la cittadinanza ha bisogno di uno sfondamento teorico per uscire dai confini dellethnos ed entrare nello spazio del demos, passare dallo jus sanguinis per entrare nello jus soli. Anche la tripartizione classica della cittadinanza (stabilita dallo studioso inglese Thomas Marshall) non basta più: oltre alla cittadinanza legale, politica e sociale abbiamo bisogno della cittadinanza simbolica. Ossia di riconoscere il diritto ai simboli sia religiosi sia culturali (abbigliamento, alimentazione, calendario, ritualità, usanze…).
Il tema della cittadinanza è legato anche a quello delluguaglianza nelle condizioni di accesso alle opportunità, quindi è anche un tema di giustizia“…Quando oggi parliamo di cittadinanza, e dei diritti che laccompagnano, il suo fondamento non è più soltanto nellappartenenza ad un territorio o ad un gruppo. Nella comune natura umana risiedono diritti che ciascuno porta con sé quale che sia il luogo dove si trova o la sua storia familiare, come sono quelli legati alla salute o allistruzione o al lavoro, al rispetto della dignità. La cittadinanza diventa così una idea unificante, non lo strumento che distingue e divide le persone: individua un patrimonio universale.” (Stefano Rodotà, L’umanità e i suoi nemici, La Repubblica, 16 settembre 2006, p. 53).
Etica pubblica: nessuno ha il monopolio delletica poiché le regole devono essere stabilite insieme, se si vuole garantire la coesione sociale. Questo significa impegnarci a costruire insieme un comune ethos civile, dove siano ben definiti i principi e le regole della convivenza. Se vogliamo con-vivere insieme, nella pluralità e nella coesione sociale, abbiamo bisogno di una grande azione di pedagogia sociale. Questa è una via preziosa allinterculturalità, come grammatica di civilizzazione, perché nella com-presenza delle culture, delle religioni e dei simboli è inscritto il futuro dellumanità. Per fare ciò, crediamo che sia poco utile partire da valori astratti, quanto dalla concretezza della relazione con laltro, che rappresenta un limite al mio potere, ma è anche la mia costitutiva possibilità di realizzazione.
Ciò chiede responsabilità, umiltà, senso del limite e capacità (leopardiana) di diventare compartecipi della comune fragilità umana. Ciò significa che la comunità futura non può essere basata solo sulla mediazione di interessi, ma sul dono e su quello che chiamiamo amore per il prossimo.

CEM promuove la mondialità quale idea di un’unica famiglia umana